Copertina
lunedì 19 dicembre 2011
Gli E-Book
Molti libri si trovano ormai solo in forma di e-book e quindi, dopo la dovuta lacrimuccia sui bei tempi andati, e-book sia se quel libro lo si vuole davvero leggere e soprattutto se non si vuole rompere la schiena portandosi in giro tutti i volumi della Recherche (e, ammettiamolo, risparmiando anche un bel po’).
Però….che ne è dell’odore e del colore di un libro appena comprato (e di quello su cui hai fatto merenda nel 1978), o del diverso fruscio di pagine che hanno preso l’acqua, cosa del bianco del margine dove il pensiero riposa e si moltiplica?
Ho bisogno, e sempre ne avrò, della libreria dove poter sentire il peso di un volume nella mano, vedere la luce sulle pagine di un catalogo d’arte, affondare il naso nella spina di un fumetto. Voglio poterlo fare in mille piccole librerie diverse, in un palazzo storico del centro come in un palazzone di periferia, luoghi dove noi feticisti della cellulosa ci si possa riconoscere tra simili, lontani dai neon e dai gadget delle grandi catene (e già che ci siamo a sognare, voglio anche potermi perdere di nuovo nei meandri della vecchia Marzocco e tornare a “a riveder le stelle” grazie al libraio Carlo, novello Virgilio). E questa sarà anche l’occasione di usare i soldi risparmiati con gli e-book per contribuire al sostentamento di quei pochi librai ancora in circolazione (quelli che se gli chiedi una raccolta di poesie di Langston Hughes non pensano che sia l’attaccante del Liverpool), che stanno scomparendo come le api. Perché abbiamo bisogno di oggetti che siano spugne delle nostre memorie, che ci facciano ricordare come ci sentivamo nel maggio 1988 quando abbiamo comprato quel romanzo e del perché ci sia quella foglia a pagina 74. Ogni pagina, come i cerchi nel tronco di un albero, contiene la storia raccontata e la nostra, indissolubilmente intrecciate.
Elisa Biagini (Da “La Repubblica)
domenica 20 novembre 2011
E’ proibito
E’ proibito
piangere senza imparare,
svegliarti la mattina senza sapere che fare.
Avere paura dei tuoi ricordi.
E’ proibito non sorridere dei problemi,
... non lottare per quello che desideri, e desistere, per paura.
Non cercare di trasformare i tuoi sogni in realtà.
E’ proibito non dimostrare il tuo amore, fare pagare agli altri i tuoi malumori.
E’ proibito abbandonare i tuoi amici,
non cercare di comprendere coloro che ti stanno accanto,
e chiamarli solo quando ne hai bisogno.
E’ proibito non essere te stesso davanti alla gente, fingere davanti alle persone che non ti interessano, essere gentile solo per farti ricordare,
dimenticare tutti coloro che ti amano.
E’ proibito non fare le cose per te stesso,
avere paura della vita e dei suoi compromessi,
non vivere ogni giorno come se fosse il tuo ultimo respiro.
E’ proibito sentire la mancanza di qualcuno senza gioire,
dimenticare i suoi occhi e il suo sorriso,
solo perché le vostre strade hanno smesso di incontrarsi.
Dimenticare il passato e farlo scontare al presente.
E’ proibito non cercare di comprendere le persone,
pensare che le loro vite valgono meno della tua,
non credere che ciascuno tiene il proprio cammino nelle proprie mani.
E’ proibito non creare la tua storia,
non trovare neanche un momento per chi ha bisogno di te,
non accettare che ciò che la vita ti dona,
allo stesso modo te lo può togliere.
E’ proibito non cercare la tua felicità,
non vivere la tua vita strenuamente,
non pensare che possiamo solo migliorare.
Non sentire che, senza di te,
questo mondo non sarebbe lo stesso.
Pablo Neruda
mercoledì 16 novembre 2011
Con parole diverse
domenica 30 ottobre 2011
Lo scoubidou
L’altro giorno mentre rimbalzavo lentamente
tra le pareti azzurre di questa stanza,
saltando dalla macchina da scrivere al piano,
dalla libreria a una busta caduta sul pavimento,
mi sono trovato nella sezione S del dizionario
dove i miei occhi sono caduti sulla parola Scoubidou.
Nessun biscotto sgranocchiato da un romanziere francese
avrebbe spedito qualcuno più in fretta nel passato –
un passato dove io stavo seduto a un tavolo di un campeggio
accanto a un lago profondo dell’Adirondack
e imparavo a intrecciare con strisce sottili di plastica
uno scoubidou, un regalo per mia madre.
Non avevo mai visto nessuno usare uno scoubidou
Né indossarne uno, se è così che si usano,
ma questo non mi trattenne dall’incrociare
filo con filo, e poi di nuovo,
fino a farne uno scoubidou
quadrato, rosso e bianco, per mia madre.
Lei mi diede la vita e il latte dal seno,
io le diedi uno scoubidou.
Si prendeva cura di me quand’ero ammalato:
mi avvicinava alle labbra cucchiai di medicine,
mi appoggiava alla fronte freddi panni bagnati,
poi mi portava fuori alla luce delicata;
e mi insegnò a camminare e a nuotare,
io in cambio le regalai uno scoubidou.
Ecco qui migliaia di pasti, disse,
ed ecco i vestiti e una buona scuola.
Ed ecco il tuo scoubidou, le risposi,
che ho fatto con l’aiuto dell’istruttore.
Ecco un corpo che respira e un cuore che batte,
gambe, ossa, denti forti,
e due occhi chiari per leggere il mondo, sussurrò.
Ed ecco, dissi, lo scoubidou che ho fatto in campeggio.
Ed ecco, vorrei dirle ora,
un dono più piccolo: non l’antica verità
che non si può mai ripagare una madre,
ma la triste confessione che quando lei prese
lo scoubidou a due colori dalle mie mani,
ero certo come certo può essere un bambino
che quell’oggetto inutile e senza valore, che avevo intrecciato
per pura noia, bastava per pareggiare i conti
Billy Collins
giovedì 21 luglio 2011
Lentamente muore
Lentamente muore
chi diventa schiavo dell'abitudine,
ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi,
chi non cambia la marcia,
chi non rischia e cambia colore dei vestiti,
...chi non parla a chi non conosce.
Muore lentamente chi evita una passione,
chi preferisce il nero su bianco
e i puntini sulle "i"
piuttosto che un insieme di emozioni,
proprio quelle
che fanno brillare gli occhi,
quelle che fanno
di uno sbadiglio un sorriso,
quelle che fanno battere il cuore
davanti all'errore e ai sentimenti.
Lentamente muore
chi non capovolge il tavolo,
chi é infelice sul lavoro,
chi non rischia la certezza
per l'incertezza per inseguire un sogno,
chi non si permette
almeno una volta nella vita
di fuggire ai consigli sensati.
Lentamente muore chi non viaggia,
chi non legge,
chi non ascolta musica,
chi non trova grazia in se stesso.
Muore lentamente
chi distrugge l'amor proprio,
chi non si lascia aiutare;
chi passa i giorni a lamentarsi
della propria sfortuna o
della pioggia incessante.
Lentamente muore
chi abbandona un progetto
prima di iniziarlo,
chi non fa domande
sugli argomenti che non conosce,
chi non risponde
quando gli chiedono
qualcosa che conosce.
Evitiamo la morte a piccole dosi,
ricordando sempre che essere vivo
richiede uno sforzo
di gran lunga maggiore
del semplice fatto di respirare.
Soltanto l'ardente pazienza porterà
al raggiungimento
di una splendida felicità.
Pablo Neruda
lunedì 18 aprile 2011
Un libro al mese per i nostri figli
Gli adolescenti che leggono almeno un libro al mese per proprio conto e per puro piacere (dunque non come parte dei compiti ricevuti a scuola) hanno molte più probabilità di ottenere un buon lavoro quando diventeranno adulti. Lo rivela una ricerca della università di Oxford, condotta su un campione di 17 mila persone, da cui risulta che di tutte le cosiddette attività extra-scolastiche, sport, danza, andare al cinema, passare tempo a navigare su internet, chattare o giocare ai videogiochi, cucinare, uscire con la ragazza o con il ragazzo eccetera eccetera, leggere è l’unica che sembra contribuire a trovare un buon lavoro al termine degli studi. “Reading for pleasure”, come si dice in inglese, ovvero leggere come passatempo, per passione, per interesse personale, come si faceva un tempo quando per i teen-agers non c’erano tante altre distrazioni. Per esempio, la ricerca della Oxford University ha riscontrato che le possibilità di accesso all’università per i figli di genitori laureati salgono al 51 per cento se hanno letto almeno un libro al mese durante l’adolescenza, mentre sono al 40 per cento per quelli di simile estrazione sociale ma che non leggono mai libri. La formula ideale per chi ha aspirazioni di trovare un buon lavoro, conclude lo studio di Oxford, è leggere regolarmente quando si è ragazzi e contemporaneamente svolgere un’altra attività culturale o avere un qualche interesse creativo.
Dal Blog “My Tube”- La Repubblica- di Enrico Franceschini
Dal Blog “My Tube”- La Repubblica- di Enrico Franceschini
domenica 10 aprile 2011
SE IO POTESSI VIVERE
Se io potessi vivere un’altra volta la mia vita,
nella prossima cercherei di fare più errori,
non cercherei di essere tanto perfetto,
mi negherei di più,
sarei meno serio di quanto sono stato,
...difatti prenderei pochissime cose sul serio.
Correrei più rischi,
farei più viaggi,
guarderei più tramonti,
salirei più montagne,
nuoterei più fiumi,
andrei in posti dove mai sono andato,
avrei più problemi reali e meno immaginari.
Io sono stato una di quelle persone che ha vissuto sensatamente
e precisamente ogni minuto della sua vita;
certo che ho avuto momenti di gioia
ma se potessi tornare indietro cercherei di avere soltanto buoni momenti.
Nel caso non lo sappiate, di quello è fatta la vita,
solo di momenti, non ti perdere l’oggi.
Se potessi vivere di nuovo comincerei ad andare scalzo all’inizio della primavera
e continuerei così fino alla fine dell’autunno.
Farei più giri nella carrozzella,
guarderei più albe e giocherei di più con i bambini,
se avessi un’altra volta la vita davanti".
BORGES
martedì 29 marzo 2011
Con cosa posso trattenerti?
Ti offro strade difficili,
tramonti disperati,
la luna di squallide periferie.
Ti offro le amarezze di un uomo
che ha guardato a lungo la triste luna.
Ti offro i miei antenati, i miei morti,
i fantasmi a cui i viventi hanno reso
onore col marmo: il padre di mio
padre ucciso sulla frontiera di
Buenos Aires, due pallottole attraverso
i suoi polmoni, barbuto e morto,
avvolto dai soldati nella pelle di
una mucca; il nonno di mia madre -
appena ventiquattrenne - a capo di
un cambio di trecento uomini in Perù,
ora fantasmi su cavalli svaniti.
Ti offro qualsiasi intuizione sia
nei miei libri, qualsiasi virilità
o vita umana.
Ti offro la lealtà di un uomo
che non è mai stato leale.
Ti offro quel nocciolo di me stesso
che ho conservato, in qualche
modo - il centro del cuore che
non tratta con le parole, né coi
sogni e non è toccato dal tempo,
dalla gioia, dalle avversità.
Ti offro il ricordo di una
rosa gialla al tramonto,
anni prima che tu nascessi.
Ti offro spiegazioni di te stessa,
teorie su di te, autentiche e
sorprendenti notizie di te.
Ti posso dare la mia tristezza,
la mia oscurità, la fame del mio cuore;
cerco di corromperti con l'incertezza,
il pericolo, la sconfitta.
Jorge Luis Borges
sabato 26 marzo 2011
PER CHI SUONA LA CAMPANELLA
In genere sono i libri che ispirano i film. Talvolta, però, può capitare il contrario. Ed è stata proprio una suggestione cinematografica, il bellissimo film francese Etre et avoir del documentarista Nicholas Philibert, a ispirare il libro di Fanizza.
E forse, proprio per questo, il libro ha preso dal cinema quel linguaggio particolare, fatto d'immagini. Tra le tante colpisce, particolarmente, quella conclusiva della “valigia magica”, che sembra accompagnarci in questo viaggio nel tempo che l’autrice fa nel pianeta scuola. Un viaggio nel passato per ricreare l’atmosfera della scuola di ieri, nel futuro per immaginare la scuola di domani, senza dimenticare la scuola di oggi. Interessanti e, talvolta, divertenti, i diversi interventi di personaggi famosi. Da Dacia Maraini a Roberto Vecchioni, da Paolo Crepet a Chiara Gamberale, da Margherita Hack a Cristina Comencini, da Domenico Starnone a Marco Lodoli: tutti svelano i loro sogni e talvolta i loro veleni o si soffermano a descrivere sentimenti ed emozioni. Uno sguardo insolito, realistico e poetico, a tratti surreale su questo mondo assai noto, ma in realtà poco conosciuto. Un libro che si legge d’un fiato, non annoia, ma sorprende e fa riflettere. Una full-immersion nell’incanto e nelle fragilità dell’adolescenza.
Scelto per: tutti, perché il ricordo degli anni trascorsi a scuola è indelebile nella nostra memoria e nei nostri cuori ma è particolarmente adatto per gli insegnanti, i genitori e per chi con i giovani vuole un contatto che non sia formale. Si consiglia la lettura anche al Ministro della Pubblica Istruzione.
di Monica Lorusso
E forse, proprio per questo, il libro ha preso dal cinema quel linguaggio particolare, fatto d'immagini. Tra le tante colpisce, particolarmente, quella conclusiva della “valigia magica”, che sembra accompagnarci in questo viaggio nel tempo che l’autrice fa nel pianeta scuola. Un viaggio nel passato per ricreare l’atmosfera della scuola di ieri, nel futuro per immaginare la scuola di domani, senza dimenticare la scuola di oggi. Interessanti e, talvolta, divertenti, i diversi interventi di personaggi famosi. Da Dacia Maraini a Roberto Vecchioni, da Paolo Crepet a Chiara Gamberale, da Margherita Hack a Cristina Comencini, da Domenico Starnone a Marco Lodoli: tutti svelano i loro sogni e talvolta i loro veleni o si soffermano a descrivere sentimenti ed emozioni. Uno sguardo insolito, realistico e poetico, a tratti surreale su questo mondo assai noto, ma in realtà poco conosciuto. Un libro che si legge d’un fiato, non annoia, ma sorprende e fa riflettere. Una full-immersion nell’incanto e nelle fragilità dell’adolescenza.
Scelto per: tutti, perché il ricordo degli anni trascorsi a scuola è indelebile nella nostra memoria e nei nostri cuori ma è particolarmente adatto per gli insegnanti, i genitori e per chi con i giovani vuole un contatto che non sia formale. Si consiglia la lettura anche al Ministro della Pubblica Istruzione.
di Monica Lorusso
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