Copertina
venerdì 27 giugno 2008
Tipoetipa, anteprima Pitti Bimbo 2008 collezione primavera-estate 2009
FIRENZE- Chiarine, tamburi, dame e cavalieri del grande mondo di ieri insieme al gioco degli sbandieratori hanno accompagnato, giovedì 26 giugno, alle 17, in Piazza SS. Annunziata, la nuova collezione di "TipoeTipa", caratterizzata dalla semplicità degli abiti e dalla rigorosa ricerca del tessuto.
L’evento, patrocinato dall’Assessore allo Sport e al tempo libero del Comune di Firenze Eugenio Giani, ha inaugurato la nuova edizione di Pitti Bimbo.
Il giovane marchio "TipoeTipa" ha voluto dedicare questa suggestiva iniziativa alla Fondazione Tommasino Bacciotti, fondazione benefica, nata per tramutare il dolore in amore verso tutti i bambini che hanno bisogno di aiuto, in ricordo del piccolo Tommasino scomparso prematuramente.
"TipoeTipa- hanno spiegato gli organizzatori dell’evento- nasce da un’idea tutta italiana. I preziosi ricami, i tessuti naturali, fanno sì che ogni abito diventi un piccolo capolavoro di artigianalità. La produzione viene realizzata nei laboratori fiorentini cosicché la tradizione si possa sposare con l’innovazione dei più moderni macchinari tessili. "TipoeTipa" si presenta come un total look destinato a soddisfare le più raffinate esigenze, con un occhio attento alla praticità".
Di Vincenza Fanizza
L’evento, patrocinato dall’Assessore allo Sport e al tempo libero del Comune di Firenze Eugenio Giani, ha inaugurato la nuova edizione di Pitti Bimbo.
Il giovane marchio "TipoeTipa" ha voluto dedicare questa suggestiva iniziativa alla Fondazione Tommasino Bacciotti, fondazione benefica, nata per tramutare il dolore in amore verso tutti i bambini che hanno bisogno di aiuto, in ricordo del piccolo Tommasino scomparso prematuramente.
"TipoeTipa- hanno spiegato gli organizzatori dell’evento- nasce da un’idea tutta italiana. I preziosi ricami, i tessuti naturali, fanno sì che ogni abito diventi un piccolo capolavoro di artigianalità. La produzione viene realizzata nei laboratori fiorentini cosicché la tradizione si possa sposare con l’innovazione dei più moderni macchinari tessili. "TipoeTipa" si presenta come un total look destinato a soddisfare le più raffinate esigenze, con un occhio attento alla praticità".
Di Vincenza Fanizza
martedì 24 giugno 2008
Nasce la Fondazione Paolo Frosecchi
FIRENZE- Nasce, in via del Sole, 6-8r, un nuovo spazio d’incontro artistico e confronto intellettuale ispirato al movimento culturale contemporaneo "Nuovo Umanesimo". E’ la nuova Fondazione "Paolo Frosecchi", inaugurata ieri, insieme alla mostra "Nuovo Umanesimo", che, oltre a raccogliere e conservare le opere del Maestro, si propone di realizzare mostre, convegni, corsi per giovani artisti in collaborazione con le principali realtà culturali pubbliche e private sia a livello cittadino, che nazionale e internazionale.
"Il nome ‘Umanesimo’- sottolinea Francesco Adorno - schiude subito la via verso Firenze: al saper fare, alla misura e alla civiltà di allora, a uomini quali Coluccio Salutati. Le opere di Paolo Frosecchi, dai ritratti alle nature morte, alle interpretazioni della vita in linguaggio pittorico, rivelano non la copia di una Firenze perduta, ma una fiorentinità e una toscanità quali vorremmo che fossero. Volta a volta, Paolo Frosecchi si è calato nel suo tempo, rispondendo sempre a quello che è l’uomo nella sua totalità, nel suo modo storico di essere ‘coltivato’, mai trascinato da correnti o da mode prestabilite".
"I disegni di Frosecchi- commenta Carlo Munari- sono da annoverarsi tra i più belli che l’odierna produzione italiana abbia reso in questi anni: sensibilizzati nella loro struttura formale, essi sanno con precisione delineare l’ideale figurativo che l’artista persegue".
"E’ necessario ricreare un Nuovo Umanesimo- spiega Frosecchi- perché osservo e vedo come la creatività non sia più dell’uomo ma del sistema, dell’automatismo dei numeri e non del divino lampo del pensiero".
"Il nome ‘Umanesimo’- sottolinea Francesco Adorno - schiude subito la via verso Firenze: al saper fare, alla misura e alla civiltà di allora, a uomini quali Coluccio Salutati. Le opere di Paolo Frosecchi, dai ritratti alle nature morte, alle interpretazioni della vita in linguaggio pittorico, rivelano non la copia di una Firenze perduta, ma una fiorentinità e una toscanità quali vorremmo che fossero. Volta a volta, Paolo Frosecchi si è calato nel suo tempo, rispondendo sempre a quello che è l’uomo nella sua totalità, nel suo modo storico di essere ‘coltivato’, mai trascinato da correnti o da mode prestabilite".
"I disegni di Frosecchi- commenta Carlo Munari- sono da annoverarsi tra i più belli che l’odierna produzione italiana abbia reso in questi anni: sensibilizzati nella loro struttura formale, essi sanno con precisione delineare l’ideale figurativo che l’artista persegue".
"E’ necessario ricreare un Nuovo Umanesimo- spiega Frosecchi- perché osservo e vedo come la creatività non sia più dell’uomo ma del sistema, dell’automatismo dei numeri e non del divino lampo del pensiero".
martedì 17 giugno 2008
NOTTI BIANCHE IN FACOLTA'
Sempre più spesso ci troviamo a vivere i nostri luoghi di studio tra
corsi ed esami, senza avere l'opportunità di renderci conto che i
ritmi di studio fagocitano i nostri tempi di vita; l'organizzazione
attuale della didattica e degli spazi dell'Università non permettono
momenti di confronto e di incontro, di opportunità culturali o di
studio ed elaborazione autonoma.
Riprendersi gli spazi è abbattere il senso della precarietà
dell'esistenza. Un posto che ci considera solo utenti non ci permette
di poter pensare ad un futuro libero da logiche di profitto e
conoscenze pro tempore. Rivendichiamo il ruolo degli studenti
all'interno dell'università come protagonisti attivi della vita
politica e culturale, per un'elaborazione critica dei saperi, che
sempre più vengono propinati sottoforma di puro nozionismo e che
vengono resi merce dai tempi sempre più alienanti e veloci che ci
vengono imposti.
Sentiamo l'esigenza di provare ad invertire questa tendenza
riprendendoci i nostri spazi, riempiendoli di ciò che l'attività
didattica ordinaria non riesce a darci in quanto mero esamificio
asservito ad interessi altri rispetto a quelli degli studenti.
Per questi motivi nasce l'iniziativa "Notti bianche in Facoltà":
un'iniziativa unica, ma composta da una serie di iniziative,
organizzate
dagli Studenti di Sinistra e dai Collettivi di Facoltà, che si
svolgeranno all'interno delle mura universitarie, in ore
pomeridiano-serali-notturne.
Parleremo, suoneremo, reciteremo, cucineremo e mangeremo ... al fine
di creare uno spazio di approfondimento per noi studenti su temi
sociali, politici e culturali fondamentali per la formazione di un
cittadino. E lo faremo nel luogo più deputato a farlo, l'Università,
che, però, in questi ultimi anni ha svenduto il suo ruolo di centro
più alto per la formazioneoltre che culturale, anche civile, degli
individui, rispondendo quasi esclusivamente a logiche di mercato e di
impresa che nulla hanno a che fare con la cultura.
Le "Notti Bianche" rappresentano il punto di partenza di un percorso
di rivendicazione dei nostri spazi e dei nostri tempi, perché si possa
usufruire delle aule studio anche di sera, perché non si sia costretti
a infiniti passaggi burocratici per l'organizzazione di una iniziativa
culturale, perché alcune strutture universitarie non continuino ad
essere interdette a qualsiasi attività extra-didattica, perchè
l'Università diventi finalmente "degli studenti".
Studenti di Sinistra
www.studentidisinistra.org
corsi ed esami, senza avere l'opportunità di renderci conto che i
ritmi di studio fagocitano i nostri tempi di vita; l'organizzazione
attuale della didattica e degli spazi dell'Università non permettono
momenti di confronto e di incontro, di opportunità culturali o di
studio ed elaborazione autonoma.
Riprendersi gli spazi è abbattere il senso della precarietà
dell'esistenza. Un posto che ci considera solo utenti non ci permette
di poter pensare ad un futuro libero da logiche di profitto e
conoscenze pro tempore. Rivendichiamo il ruolo degli studenti
all'interno dell'università come protagonisti attivi della vita
politica e culturale, per un'elaborazione critica dei saperi, che
sempre più vengono propinati sottoforma di puro nozionismo e che
vengono resi merce dai tempi sempre più alienanti e veloci che ci
vengono imposti.
Sentiamo l'esigenza di provare ad invertire questa tendenza
riprendendoci i nostri spazi, riempiendoli di ciò che l'attività
didattica ordinaria non riesce a darci in quanto mero esamificio
asservito ad interessi altri rispetto a quelli degli studenti.
Per questi motivi nasce l'iniziativa "Notti bianche in Facoltà":
un'iniziativa unica, ma composta da una serie di iniziative,
organizzate
dagli Studenti di Sinistra e dai Collettivi di Facoltà, che si
svolgeranno all'interno delle mura universitarie, in ore
pomeridiano-serali-notturne.
Parleremo, suoneremo, reciteremo, cucineremo e mangeremo ... al fine
di creare uno spazio di approfondimento per noi studenti su temi
sociali, politici e culturali fondamentali per la formazione di un
cittadino. E lo faremo nel luogo più deputato a farlo, l'Università,
che, però, in questi ultimi anni ha svenduto il suo ruolo di centro
più alto per la formazioneoltre che culturale, anche civile, degli
individui, rispondendo quasi esclusivamente a logiche di mercato e di
impresa che nulla hanno a che fare con la cultura.
Le "Notti Bianche" rappresentano il punto di partenza di un percorso
di rivendicazione dei nostri spazi e dei nostri tempi, perché si possa
usufruire delle aule studio anche di sera, perché non si sia costretti
a infiniti passaggi burocratici per l'organizzazione di una iniziativa
culturale, perché alcune strutture universitarie non continuino ad
essere interdette a qualsiasi attività extra-didattica, perchè
l'Università diventi finalmente "degli studenti".
Studenti di Sinistra
www.studentidisinistra.org
STUDENTI STRANIERI
Gli studenti stranieri iscritti all’Università di Firenze (lauree di I livello - dati anno accademico 2006/2007) sono 2.403 (di cui 1.481 donne) pari al 4,6% del totale degli iscritti. (Erano 2.252 nel 2005/2006 (di cui 1.428 donne), pari al 4 % del totale degli iscritti).
Distribuzione per continenti: 1.750 studenti provengono dall’Europa, soprattutto orientale, 361 dall’Asia, 182 dall’Africa, 110 dall’America.
Gli immatricolati (dati anno accademico 2006/2007) sono 551, pari al 6,8% del totale degli immatricolati; 323 sono donne.
In questi ultimi anni, dopo il 2000, si è verificato il sorpasso della presenza albanese su quella dei greci, che per lungo tempo sono stati la comunità più numerosa, molto orientata allo studio di architettura.
Ai primi posti dunque, fra gli iscritti, gli albanesi (975), distribuiti in tutti i corsi di laurea, seguiti appunto dai greci (179), dai cinesi (126), dagli iraniani (99), dai rumeni (88), dai tedeschi (71), dai serbi (55), dai polacchi (53).
Le facoltà più gettonate, ormai da diversi anni, sono Lettere e filosofia (405 iscritti, 385 l’anno scorso), Architettura (398 iscritti, 390 l’anno scorso), Economia (389 iscritti, 323 l’anno scorso), Medicina e Chirurgia (265 iscritti, 256 l’anno scorso). Segue Scienze Politiche (228 iscritti, 208 l’anno scorso), e le altre a seguire.
Distribuzione per continenti: 1.750 studenti provengono dall’Europa, soprattutto orientale, 361 dall’Asia, 182 dall’Africa, 110 dall’America.
Gli immatricolati (dati anno accademico 2006/2007) sono 551, pari al 6,8% del totale degli immatricolati; 323 sono donne.
In questi ultimi anni, dopo il 2000, si è verificato il sorpasso della presenza albanese su quella dei greci, che per lungo tempo sono stati la comunità più numerosa, molto orientata allo studio di architettura.
Ai primi posti dunque, fra gli iscritti, gli albanesi (975), distribuiti in tutti i corsi di laurea, seguiti appunto dai greci (179), dai cinesi (126), dagli iraniani (99), dai rumeni (88), dai tedeschi (71), dai serbi (55), dai polacchi (53).
Le facoltà più gettonate, ormai da diversi anni, sono Lettere e filosofia (405 iscritti, 385 l’anno scorso), Architettura (398 iscritti, 390 l’anno scorso), Economia (389 iscritti, 323 l’anno scorso), Medicina e Chirurgia (265 iscritti, 256 l’anno scorso). Segue Scienze Politiche (228 iscritti, 208 l’anno scorso), e le altre a seguire.
Di Vincenza Fanizza
mercoledì 11 giugno 2008
Scuola da Terzo Mondo?
Per motivi sia di lavoro che extra-professionali, oramai da molti anni continuo a confrontarmi con persone sia italiane che straniere, anche molto giovani e fresche di studi.
Ho avuto occasione negli ultimi anni di vivere anche da dentro e in modo diretto il pianeta scuola
Ebbene, per qualità di strutture, programmi scolastici, organizzazione, mezzi e preparazione degli studenti, trovo che noi in Italia siamo il Terzo Mondo. E sono ottimista.
Abbiamo scuole vecchie, scalcinate, obsolete, mal organizzate. Programmi inadatti, antichi, giurassici. Apparecchiature e laboratori da museo, professori talvolta poco preparati, rassegnati, svogliati, e studenti che affogano in tutto questo e che sono quanto di più civilmente, culturalmente e tecnicamente fragile si possa trovare tra i giovani europei.
Il nostro “pianeta scuola” è asfittico, al collasso, agonizzante, opulento e incapace di reagire, in totale balia degli eventi e oramai totalmente incanalato in un sentiero di autodistruzione.
Siamo a tutti gli effetti il vero fanalino di coda dell’Europa. I nostri studenti regrediscono invece di progredire. E ogni anno è peggio del precedente.
La scuola italiana non è adatta ad accogliere il futuro, caratteristica peculiare di chi deve formare la prossima generazione sociale, lavorativa, politica, dirigenziale. Un pantano dal quale non usciremo con il solito “colpo di spugna all’italiana”. Questa volta no, non basterà.
C’è bisogno di un’attenta analisi e di una forte dose di autocritica, con il coraggio di idee e programmi che strutturino il presente, solidifichino l’immediato futuro e lascino la possibilità di una visione flessibile per costruire l’avvenire di questa nazione.
Ho avuto occasione di vedere come si studia all’estero e di averne riscontri nei colloqui per le nuove assunzioni nell’azienda per la quale lavoro: devo tristemente constatare che i nostri studenti sono di gran lunga i meno preparati che mi trovo a valutare.
Ma non solo: sono quelli con meno stimoli, senza senso critico, con meno senso civico, meno “freschezza” di idee, meno disposti al sacrificio e ad aprirsi ad una visione a 360°.
Sembrano anestetizzati:una marmaglia scomposta, disordinata e disorganizzata di cloni, infantili ed illusi, senza principi etici e morali. Totalmente non autonomi anche nelle scelte e nelle decisioni più banali e semplici. Tutto gli deve essere impartito ed imposto dall’esterno, da una guida. La vera ed unica “generazione dei calciatori e delle veline”, convinta che si possa guadagnare 5.000 euro al mese con una telefonata, o disposta a credere con assoluta semplicità che la luna non esiste.
Tutto questo avviene purtroppo senza che appaia essercene una reale percezione. Vige ancora la convinzione che con “un paio di abili mosse qua e là” sarà facilissimo riorganizzarsi e ripartire a veleggiare come tutti gli altri paesi e con tutti gli altri paesi. Ma non ci rendiamo ancora conto che invece coliamo a picco e non sarà assolutamente facile risollevarsi. Comunque non in breve tempo. Questo è palese, chiaro, limpido e lampante come il sorgere del sole al mattino.
Non siamo capaci di programmazione e di flessibilità. Programmazione, perché per strutturare tutto questo c’è bisogno di tempo, di idee e di continuità. Flessibilità, per prepararsi e modellarsi a un futuro che diviene sempre più mutevole, e in intervalli di tempo sempre più brevi e concentrati. Gli studenti sembrano quasi incentivati a non studiare, con programmi di recupero blandi, banali, indolori, ridicoli e ridicolizzati, che permettono a chiunque - con uno sforzo prossimo o equivalente allo zero - di passare da un anno all’altro trascinandosi delle lacune talmente vaste nella preparazione che difficilmente in futuro potranno essere arginabili e/o recuperabili.
Non ci sono regole, non c’è rispetto per lo studente e per la scuola, e ciò che è più preoccupante è che non ci sono sanzioni e/o azioni correttive per invertire rotta e tendenza.
Tutto questo genera generazioni di somari, talmente impreparati da non saper sostenere il più banale colloquio di lavoro, aridi di idee, anche nel racconto delle proprie priorità, aspettative o attività svolte. Completamente scavalcati dalla preparazione degli studenti stranieri.
Sì, perfetto, noi Italiani abbiamo quell’estro, quella marcia in più che gli altri non hanno. Ma oramai neanche questo basta più, o comunque non basta da solo se non è appoggiato da una solida preparazione scolastica.
Sull’argomento “personale scolastico” preferisco sorvolare: oramai non c’è niente di più indolente ed irritante del personale pubblico. Se rapporto la sua qualità nel lavoro all’azienda in cui opero, penso che sarei licenziato nel giro di pochi giorni: non settimane, ma giorni.
In tutto questo bailamme ci vuole sicuramente un faro guida perché non è possibile vivere con le sole iniziative dei singoli. Ci vuole una “road map” che arrivi dall’alto, con una visione d’insieme dei programmi e dei processi. Anche se può sembrare banale è comunque terribilmente reale. E sarebbe un errore quello di nascondersi dietro a un dito. Ci vogliono sinergie d’intenti e lavoro di team. Unica e sola ricetta per poter garantire un futuro ai nostri giovani e quindi evidentemente a tutta la nazione.
Lo stesso intento deve essere perseguito in egual misura da tutti: istituzioni, presidi, insegnanti, personale non docente e, non ultimi, studenti e genitori. Tutti devono capire di aver in qualche misura sbagliato, ed evitare di scagliarsi gli uni contro gli altri o di sbriciolare - in un esercizio polemico non costruttivo - l’operato altrui.
Niente ostracismi, quindi, ma un percorso di piena condivisione di intenti e di idee. Nuove regole, per una volta, che possano incanalare le energie di tutti nella giusta direzione. Regole per una volta concrete, realmente applicabili e che non creino solo un’ondata di malcontento generale e scioperi a ripetizione. Lo Stato deve capire che non può più lucrare sulla Scuola, o rimarrà senza classe lavorativa e dirigenziale da qui a breve. Questo periodo di “mappatura” delle richieste deve partire dal basso, da chi la scuola la vive quotidianamente, perché c’è bisogno di ascoltare i bisogni reali e di fare “lesson learned” degli errori passati. Da lì in poi, tavole rotonde (rispettivamente per elementari, medie, superiori e università) in cui condividere tutto questo: dapprima nei singoli istituti; poi, attraverso rappresentanti, a livello di città, Provincia e Regione.
Infine, per settore, nelle classiche tre fasce in cui è suddivisa l’Italia, fino ad arrivare ad una tavola rotonda nazionale in cui siedano tutte le istituzioni formative. I rappresentanti dovrebbero essere scelti tra studenti, genitori e insegnanti, uno per categoria. Obiettivo, una condivisione finale degli intenti, perché non è più possibile andare avanti per “compartimenti stagni”, perché ci deve essere continuità nel passaggio da un grado all’altro del sistema. Una progressione autentica, con uno sharing totale delle idee e una predisposizione seria delle istituzioni all’attività di “problem solving”, sia in termini di tempo che economici: in una sola parola, una disponibilità vera, reale, concreta e non politica e di facciata.
Un lavoro vasto, ma possibilissimo. Perché oramai non possiamo più affidarci alle sole eccezioni di alcuni singoli istituti. Alla lungimiranza e al sacrificio di presidi, professori e famiglie. Che sono SOLO ECCEZIONI e non la normalità.
Filippo IODICE
Lean Black Belt (garante dell’efficienza dei processi)
Ho avuto occasione negli ultimi anni di vivere anche da dentro e in modo diretto il pianeta scuola
Ebbene, per qualità di strutture, programmi scolastici, organizzazione, mezzi e preparazione degli studenti, trovo che noi in Italia siamo il Terzo Mondo. E sono ottimista.
Abbiamo scuole vecchie, scalcinate, obsolete, mal organizzate. Programmi inadatti, antichi, giurassici. Apparecchiature e laboratori da museo, professori talvolta poco preparati, rassegnati, svogliati, e studenti che affogano in tutto questo e che sono quanto di più civilmente, culturalmente e tecnicamente fragile si possa trovare tra i giovani europei.
Il nostro “pianeta scuola” è asfittico, al collasso, agonizzante, opulento e incapace di reagire, in totale balia degli eventi e oramai totalmente incanalato in un sentiero di autodistruzione.
Siamo a tutti gli effetti il vero fanalino di coda dell’Europa. I nostri studenti regrediscono invece di progredire. E ogni anno è peggio del precedente.
La scuola italiana non è adatta ad accogliere il futuro, caratteristica peculiare di chi deve formare la prossima generazione sociale, lavorativa, politica, dirigenziale. Un pantano dal quale non usciremo con il solito “colpo di spugna all’italiana”. Questa volta no, non basterà.
C’è bisogno di un’attenta analisi e di una forte dose di autocritica, con il coraggio di idee e programmi che strutturino il presente, solidifichino l’immediato futuro e lascino la possibilità di una visione flessibile per costruire l’avvenire di questa nazione.
Ho avuto occasione di vedere come si studia all’estero e di averne riscontri nei colloqui per le nuove assunzioni nell’azienda per la quale lavoro: devo tristemente constatare che i nostri studenti sono di gran lunga i meno preparati che mi trovo a valutare.
Ma non solo: sono quelli con meno stimoli, senza senso critico, con meno senso civico, meno “freschezza” di idee, meno disposti al sacrificio e ad aprirsi ad una visione a 360°.
Sembrano anestetizzati:una marmaglia scomposta, disordinata e disorganizzata di cloni, infantili ed illusi, senza principi etici e morali. Totalmente non autonomi anche nelle scelte e nelle decisioni più banali e semplici. Tutto gli deve essere impartito ed imposto dall’esterno, da una guida. La vera ed unica “generazione dei calciatori e delle veline”, convinta che si possa guadagnare 5.000 euro al mese con una telefonata, o disposta a credere con assoluta semplicità che la luna non esiste.
Tutto questo avviene purtroppo senza che appaia essercene una reale percezione. Vige ancora la convinzione che con “un paio di abili mosse qua e là” sarà facilissimo riorganizzarsi e ripartire a veleggiare come tutti gli altri paesi e con tutti gli altri paesi. Ma non ci rendiamo ancora conto che invece coliamo a picco e non sarà assolutamente facile risollevarsi. Comunque non in breve tempo. Questo è palese, chiaro, limpido e lampante come il sorgere del sole al mattino.
Non siamo capaci di programmazione e di flessibilità. Programmazione, perché per strutturare tutto questo c’è bisogno di tempo, di idee e di continuità. Flessibilità, per prepararsi e modellarsi a un futuro che diviene sempre più mutevole, e in intervalli di tempo sempre più brevi e concentrati. Gli studenti sembrano quasi incentivati a non studiare, con programmi di recupero blandi, banali, indolori, ridicoli e ridicolizzati, che permettono a chiunque - con uno sforzo prossimo o equivalente allo zero - di passare da un anno all’altro trascinandosi delle lacune talmente vaste nella preparazione che difficilmente in futuro potranno essere arginabili e/o recuperabili.
Non ci sono regole, non c’è rispetto per lo studente e per la scuola, e ciò che è più preoccupante è che non ci sono sanzioni e/o azioni correttive per invertire rotta e tendenza.
Tutto questo genera generazioni di somari, talmente impreparati da non saper sostenere il più banale colloquio di lavoro, aridi di idee, anche nel racconto delle proprie priorità, aspettative o attività svolte. Completamente scavalcati dalla preparazione degli studenti stranieri.
Sì, perfetto, noi Italiani abbiamo quell’estro, quella marcia in più che gli altri non hanno. Ma oramai neanche questo basta più, o comunque non basta da solo se non è appoggiato da una solida preparazione scolastica.
Sull’argomento “personale scolastico” preferisco sorvolare: oramai non c’è niente di più indolente ed irritante del personale pubblico. Se rapporto la sua qualità nel lavoro all’azienda in cui opero, penso che sarei licenziato nel giro di pochi giorni: non settimane, ma giorni.
In tutto questo bailamme ci vuole sicuramente un faro guida perché non è possibile vivere con le sole iniziative dei singoli. Ci vuole una “road map” che arrivi dall’alto, con una visione d’insieme dei programmi e dei processi. Anche se può sembrare banale è comunque terribilmente reale. E sarebbe un errore quello di nascondersi dietro a un dito. Ci vogliono sinergie d’intenti e lavoro di team. Unica e sola ricetta per poter garantire un futuro ai nostri giovani e quindi evidentemente a tutta la nazione.
Lo stesso intento deve essere perseguito in egual misura da tutti: istituzioni, presidi, insegnanti, personale non docente e, non ultimi, studenti e genitori. Tutti devono capire di aver in qualche misura sbagliato, ed evitare di scagliarsi gli uni contro gli altri o di sbriciolare - in un esercizio polemico non costruttivo - l’operato altrui.
Niente ostracismi, quindi, ma un percorso di piena condivisione di intenti e di idee. Nuove regole, per una volta, che possano incanalare le energie di tutti nella giusta direzione. Regole per una volta concrete, realmente applicabili e che non creino solo un’ondata di malcontento generale e scioperi a ripetizione. Lo Stato deve capire che non può più lucrare sulla Scuola, o rimarrà senza classe lavorativa e dirigenziale da qui a breve. Questo periodo di “mappatura” delle richieste deve partire dal basso, da chi la scuola la vive quotidianamente, perché c’è bisogno di ascoltare i bisogni reali e di fare “lesson learned” degli errori passati. Da lì in poi, tavole rotonde (rispettivamente per elementari, medie, superiori e università) in cui condividere tutto questo: dapprima nei singoli istituti; poi, attraverso rappresentanti, a livello di città, Provincia e Regione.
Infine, per settore, nelle classiche tre fasce in cui è suddivisa l’Italia, fino ad arrivare ad una tavola rotonda nazionale in cui siedano tutte le istituzioni formative. I rappresentanti dovrebbero essere scelti tra studenti, genitori e insegnanti, uno per categoria. Obiettivo, una condivisione finale degli intenti, perché non è più possibile andare avanti per “compartimenti stagni”, perché ci deve essere continuità nel passaggio da un grado all’altro del sistema. Una progressione autentica, con uno sharing totale delle idee e una predisposizione seria delle istituzioni all’attività di “problem solving”, sia in termini di tempo che economici: in una sola parola, una disponibilità vera, reale, concreta e non politica e di facciata.
Un lavoro vasto, ma possibilissimo. Perché oramai non possiamo più affidarci alle sole eccezioni di alcuni singoli istituti. Alla lungimiranza e al sacrificio di presidi, professori e famiglie. Che sono SOLO ECCEZIONI e non la normalità.
Filippo IODICE
Lean Black Belt (garante dell’efficienza dei processi)
Nuovo Pignone, Firenze
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