Copertina
giovedì 22 novembre 2007
Le loro scelte di campo
Niente ideologia, ma vestiti e musica
i ragazzi si schierano così
Diciamolo francamente: ai ragazzi delle nostre scuole la politica non interessa affatto. La trovano noiosa, incomprensibile, lontanissima dai loro problemi e dai loro desideri. Faticano addirittura a comprendere quali siano gli schieramenti.
Chi sta a destra e chi a sinistra e cosa significa destra e sinistra. Spesso mi capita di dover rispondere a domande assurde, del tipo: “Ma Berlusconi è fascista o comunista?”
I telegiornali sono dispacci dalla luna, le crisi di governo guazzabugli inspiegabili, e i politici sembrano tutti uguali, persi dentro un linguaggio che i ragazzi non riescono a tradurre. Per questo non c’è da meravigliarsi se le elezioni scolastiche vengono percepite come qualcosa di assolutamente estraneo alle antiche logiche politiche.
Si protesta contro un termosifone rotto, contro un rincaro delle pizzette, magari contro gli esami a settembre, minaccia insopportabile. I grandi temi faticano ad entrare a scuola: l’apocalisse ambientale, la guerra in Irak, la globalizzazione sono faccende che finiscono dentro i temi in classe, compiti da svolgere, ma non mi pare che facciano veramente breccia nella cittadella delle loro preoccupazioni. Solo il problema dell’immigrazione coinvolge tutti quanti: i più soprattutto nelle periferie, temono ogni extracomunitario e, se potessero, rimanderebbero al loro paese rumeni, cinesi, marocchini, senza farsi troppi scrupoli di coscienza e senza neppure sapere di preciso dove si trova quel loro paese.
Detto questo, appurato che la politica così come la intendono gli adulti, alta e bassa, nobile o cialtrona, non sfiora minimamente la fantasia di un sedicenne, bisogna però riconoscere che gli schieramenti esistono, anche se sono fondati su ben altre questioni. Quelli di sinistra non sono i lettori di Gramsci, quelli di destra ignorano Gentile o Ezra Pound, però esteticamente, antropologicamente, esistenzialmente si percepiscono diversi, e non si sbagliano mai. Le zecche, che poi sarebbero i compagni, sono quelli con i capelli lunghi e spettinati, con le catene agganciate alla cintura, quelli che ascoltano rock duro o raparrabbiato, che vanno in giro coi pantaloni bracaloni e l’aria un po’ rintronata. I fasci sono invece quelli rasati quasi a zero, che frequentano le curve degli stadi, che vanno in discoteca e in palestra, che ascoltano la tecno e seguono la moda. La politica non viene fuori tanto dai ragionamenti, sempre un po’ confusi e contraddittori, quando da un modo di essere, di vestirsi, di stare con gli altri. In qualche modo è una scelta di campo sincera che passa attraverso il corpo e le azioni piuttosto che la mente e le ideologie. Il voto alle elezioni scolastiche diventa perciò una cosa secondaria, da non prendere troppo sul serio. Chi sarà eletto dovrà comunque entrare in un certo tipo di linguaggio, arrendersi agli adulti. Lo scontro vero non si gioca di certo su una preferenza a una lista, ma sulla vita di tutti i giorni, musica e scarpe, locali da frequentare e maglie da indossare. Riguarda un modo da stare al mondo che va ben oltre i programmi politici. I ragazzi percepiscono solo l’energia che sta nelle cose, nelle scelte, nella vita. Chi ha da offrire più energia vince, chi è fiacco e fasullo perde: e in fondo è sempre stato così. Ma forse l’aspetto più triste è che oggi la fonte di energia maggiore, quella che conquista la maggioranza dei ragazzi, né di destra né di sinistra, è la televisione che hanno in cameretta. E’ una centrale atomica, la lampada magica, la cornucopia. Da lì esce la vera politica, a volte sfacciata, a volte subdola. Quella è la pietra angolare del loro mondo.
Di Marco Lodoli
Da “La Repubblica”, sabato 17 novembre 2007
i ragazzi si schierano così
Diciamolo francamente: ai ragazzi delle nostre scuole la politica non interessa affatto. La trovano noiosa, incomprensibile, lontanissima dai loro problemi e dai loro desideri. Faticano addirittura a comprendere quali siano gli schieramenti.
Chi sta a destra e chi a sinistra e cosa significa destra e sinistra. Spesso mi capita di dover rispondere a domande assurde, del tipo: “Ma Berlusconi è fascista o comunista?”
I telegiornali sono dispacci dalla luna, le crisi di governo guazzabugli inspiegabili, e i politici sembrano tutti uguali, persi dentro un linguaggio che i ragazzi non riescono a tradurre. Per questo non c’è da meravigliarsi se le elezioni scolastiche vengono percepite come qualcosa di assolutamente estraneo alle antiche logiche politiche.
Si protesta contro un termosifone rotto, contro un rincaro delle pizzette, magari contro gli esami a settembre, minaccia insopportabile. I grandi temi faticano ad entrare a scuola: l’apocalisse ambientale, la guerra in Irak, la globalizzazione sono faccende che finiscono dentro i temi in classe, compiti da svolgere, ma non mi pare che facciano veramente breccia nella cittadella delle loro preoccupazioni. Solo il problema dell’immigrazione coinvolge tutti quanti: i più soprattutto nelle periferie, temono ogni extracomunitario e, se potessero, rimanderebbero al loro paese rumeni, cinesi, marocchini, senza farsi troppi scrupoli di coscienza e senza neppure sapere di preciso dove si trova quel loro paese.
Detto questo, appurato che la politica così come la intendono gli adulti, alta e bassa, nobile o cialtrona, non sfiora minimamente la fantasia di un sedicenne, bisogna però riconoscere che gli schieramenti esistono, anche se sono fondati su ben altre questioni. Quelli di sinistra non sono i lettori di Gramsci, quelli di destra ignorano Gentile o Ezra Pound, però esteticamente, antropologicamente, esistenzialmente si percepiscono diversi, e non si sbagliano mai. Le zecche, che poi sarebbero i compagni, sono quelli con i capelli lunghi e spettinati, con le catene agganciate alla cintura, quelli che ascoltano rock duro o raparrabbiato, che vanno in giro coi pantaloni bracaloni e l’aria un po’ rintronata. I fasci sono invece quelli rasati quasi a zero, che frequentano le curve degli stadi, che vanno in discoteca e in palestra, che ascoltano la tecno e seguono la moda. La politica non viene fuori tanto dai ragionamenti, sempre un po’ confusi e contraddittori, quando da un modo di essere, di vestirsi, di stare con gli altri. In qualche modo è una scelta di campo sincera che passa attraverso il corpo e le azioni piuttosto che la mente e le ideologie. Il voto alle elezioni scolastiche diventa perciò una cosa secondaria, da non prendere troppo sul serio. Chi sarà eletto dovrà comunque entrare in un certo tipo di linguaggio, arrendersi agli adulti. Lo scontro vero non si gioca di certo su una preferenza a una lista, ma sulla vita di tutti i giorni, musica e scarpe, locali da frequentare e maglie da indossare. Riguarda un modo da stare al mondo che va ben oltre i programmi politici. I ragazzi percepiscono solo l’energia che sta nelle cose, nelle scelte, nella vita. Chi ha da offrire più energia vince, chi è fiacco e fasullo perde: e in fondo è sempre stato così. Ma forse l’aspetto più triste è che oggi la fonte di energia maggiore, quella che conquista la maggioranza dei ragazzi, né di destra né di sinistra, è la televisione che hanno in cameretta. E’ una centrale atomica, la lampada magica, la cornucopia. Da lì esce la vera politica, a volte sfacciata, a volte subdola. Quella è la pietra angolare del loro mondo.
Di Marco Lodoli
Da “La Repubblica”, sabato 17 novembre 2007
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